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I miei demoni... di mare

Molte tra le esperienze più belle accadono inaspettatamente. Arrivano così, quando nella macchina fotografica (ancora a pellicola) hai solo nove scatti, perché hai passato il giorno prima a fotografare coralli e nudibranchi che troverai altre mille volte, lasciando giusto la fine del rullino e pensando “Bah, lo finisco domani se trovo qualche spugna interessante”. Ed ecco che delle pinne increspano la tavola blu, a sei miglia dalla costa e su un fondale di oltre 120 metri: paiono quelle dei pesci luna, perché oscillano, dapprima sono orizzontali, poi diventano verticali e ritornano orizzontali. Ti avvicini, ed incontri l’inaspettato. Sotto la superficie dell’acqua, l’eleganza è plasmata dall’idrodinamismo, come se l’acqua avesse modellato una forma d’acqua per poi renderla carne. La mobula o diavolo di mare, così si chiama questa cugina mediterranea delle mante, danza nel blu, riflettendosi nelle increspature, facendo affiorare di tanto in tanto la punta delle sue “ali”. Sono due, una si allontana subito, l’altra resta. Entri in acqua. Si muove costantemente, come una farfalla, girando in cerchio o linearmente, e nonostante i suoi movimenti siano lenti, fai fatica a starle dietro, perché plana meglio del miglior aereo mai progettato. Attraversi con lei correnti fredde, probabilmente ricche di plancton, il motivo per cui lei è lì. E’ grande la mobula, circa 2,5 metri di ampiezza, anche se potrebbe crescere ancora fino a 5 metri. Ha una lunga coda sottile, con un breve aculeo velenoso dentro la base, non visibile dall’esterno; la testa possiede le “corna”, appendici cefaliche usate per convogliare i piccoli organismi di cui si nutre alla bocca, che differisce da quella delle mante tropicali perché posizionata più inferiormente e munita di piccoli denti su entrambe le mascelle. Il colore grigio ardesia sfuma in un grigio più chiaro sulla testa, dove si ha anche una sorta di caratteristico collare nero, che pare disegnato con l’aerografo; inferiormente, il bianco. Nuoti con lei sapendo di dover centellinare i nove scatti...è facile sbagliare, senza autofocus soprattutto, è necessario stimare in continuazione la distanza a cui sta, per poter regolare le impostazioni della macchina fotografica. Qualcosa le nuota accanto fedele: un pesce pilota, bianco a strisce nere, cerca protezione stando vicino al colosso e nutrendosi dei suoi avanzi, oltre a ripulirlo dai parassiti. Click, ultimo scatto. Il suo volteggiare lento e impassibile continua, mentre perdi terreno per mettere la macchina fotografica ormai inutilizzabile in barca. Pochi attimi, e la mobula si perde nel blu. L’elegante diavolo, che di demoniaco ha ben poco, è sparito, lasciandoti solo in balìa della massa d’acqua, che adesso pare un deserto liquido. Le mobule: diffuse in Mediterraneo ma molto rare da incontrare, sono ritenute a rischio di estinzione e protette anche per via del bassissimo tasso riproduttivo (un solo piccolo partorito vivo dopo 25 mesi di gestazione; il neonato può arrivare a pesare 35 kg). Il bianco e nero ne esalta le forme, tra i raggi del sole e la schiuma delle onde, ma il ricordo è a colori.


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