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I “nemici” delle acque potabili

L’acqua sotterranea, derivata da pozzi, sorgenti e fontanili, rappresenta la principale fonte di approvvigionamento potabile del nostro paese. Solo nella città di Milano sono presenti circa 7120 pozzi attivi, dei quali 1974 sono pubblici. Il 25% di questi ultimi sono attualmente chiusi per fenomeni di contaminazione di origine antropica.

Lo sfruttamento delle falde profonde (ovvero separate dallo strato superficiale di terreno da una matrice impermeabile) presenta numerosi vantaggi, motivo per cui sono le più captate: sono spesso reperibili in quantità abbondanti; hanno caratteristiche chimiche tali per cui non sono necessari spinti processi di potabilizzazione; sono meno influenzate dalle variazioni climatiche rispetto alle falde superficiali.

L’utilizzo delle acque sotterranee non è tuttavia immune da problemi. È infatti necessario condurre una gestione razionale di questa risorsa e prevenire (anziché curare!) i fenomeni di inquinamento.

Il termine “inquinamento” è un concetto di per sé relativo, perché quasi tutte le risorse contengono già all’origine un certo grado di impurità. Pertanto per definire un inquinamento è necessario delineare quale sia il livello “naturale” dello stesso. La risorsa viene definita inquinata quando contiene una quantità eccessiva di impurità. Per definire questo termine è quindi necessario prendere come riferimento delle soglie, le quali però sono dettate dalla normativa vigente e possono essere oggetto di modifiche.

L’inquinamento delle falde è un fenomeno che può verificarsi in diversi modi: scarichi dei rifiuti solidi urbani e degli impianti industriali, fognature e fosse biologiche non a perfetta tenuta, utilizzo intensivo in agricoltura di pesticidi e fertilizzanti di sintesi, scolo di acque acide, versamenti di liquidi tossici, ecc.. E’ chiaro quindi che il problema della contaminazione di questa preziosa risorsa è un caso che riguarda sia le aree urbanizzate, di cui la pianura padana ne è un esempio emblematico, sia le aree agricole. Ma quali sono le sostanze che possiamo definire i “nemici” delle acque che arriveranno ai nostri rubinetti?

Al primo posto ci sono i solventi clorurati, sostanze dette “persistenti”, in quanto si accumulano nell’ambiente e non si decompongono se non molto lentamente; sono inoltre composti a elevata mobilità e alcuni dei loro prodotti di decomposizione possono essere altamente cancerogeni (ex cloruro di venile).

Questi composti, una volta infiltrati nel terreno e raggiunta la falda, si depositano sul fondo del bacini, essendo più pesanti dell’acqua. Nel corso di anni queste sostanze si disciolgono nelle acque sotterranee in concentrazioni diverse ed è così quindi che finiscono anche nell’acqua “potabile”. Tra i contaminanti più frequenti delle acque sotterranee si trovano anche nitrati e fosfati, derivati dai fertilizzanti agricoli e dagli scarichi urbani (detersivi). A seguire i metalli, che a differenza dei solventi hanno una bassa mobilità, ma che se superano determinate soglie di concentrazione possono causare gravi effetti tossici sulla salute umana (numerosi i casi da intossicazione da cromo VI o arsenico). Gli idrocarburi, anch’essi sotto alcuni aspetti meno problematici dei composti clorurati in quanto più degradabili, tuttavia sono sostanze molto abbondanti nelle acque del sottosuolo. Non da ultimi si collocano i pesticidi e batteri: questi ultimi in particolare sono derivabili da scarichi fognari non depurati e possono essere trasportati per distanze lunghissime.


Bibliografia

Fumagalli L.; Inquinamento e bonifica delle acque sotterranee (2012).

Smiraglia C., Bernardi R., L’ambiente dell’uomo, introduzione alla geografia fisica.

UFAM (ufficio federale dell’ambiente). Siti contaminati da idrocarburi clorurati (edizione 2008).


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